Il fare e disfare del governo Renzi Stampa

Articolo di: loris batacchio (username)
Scritto da Per. Ind. Loris Batacchio   
Sabato 04 Giugno 2016 00:00

I nostri articoli ci costano tempo e, talvolta, anche problemi, ma sbaglierebbe chi pensasse così di dissuaderci dal continuare a fare informazione e opinione per quanto scomode e lontane da fazioni irremovibili e cieche.

I nosti obiettivi critici sono le corporazioni ordinistiche e chi le amministra, questo è noto, ma nelle nostre pagine non troverete mai ingiurie, notizie false, strumentali e calunniose. Semmai il contrario, dato che a ogni criticità segnalata, noi cerchiamo sempre di verificarla al massimo e di offrirne una possibile soluzione.

La legge 89/16, con tutte le sue criticità, ha avviato una discussione dai toni quasi sempre accessi sulla soppressione del diploma quale titolo valido di accesso. La maggior parte, com'era prevedibile, lo ha ben accolto. Qualcuno (pochi, in verità) mi ha attaccato anche in privato, per aver semplicemente commentato con normalità l'attesa iniziativa legislativa o per aver sottovalutato i nuovi istituti tecnici. Condividere parte di un provvedimento vuol dire tradire la propria coerenza? O forse hanno inciso le legittime preoccupazioni dei colleghi che hanno figli studenti dei nuovi istituti tecnici? Niente di tutto ciò, almeno perchè questo sito non ha "padroni" in quanto nemmeno noi lo siamo! Tuttavia, ho motivo di pensare  che quello che verrà fuori dall'accordo con le università statali, se da un lato prolungherà di tre anni gli studi dei giovani, dall'altro non potrà far altro che dare loro una marcia in più, mentre chi è già iscritto potrà scegliere cosa fare di sè e del suo futuro. Sono certo che per questo, il CNPI saprà far bene la sua parte.

Tra le criticità della stessa L. 89/16 pur avendola taciuta, non mi era sfuggita quella che ha penalizzato, tra l'indifferenza più sconcertante, i diplomi ITS (Istituti Tecnici Superiori) ex IFTS.

Il comma 51 dell'art. 1 della L. 107/15 aveva giustamente stabilito che dalle università  non possono essere riconosciuti meno di 100 CFU ai diplomi ITS biennali e meno di 150 CFU ai diplomi ITS triennali.

Con l'art. 2-ter della citata L. 89/16 si dice: 1.  All'articolo  1,  comma  51, della legge 13 luglio 2015, n. 107, all'ultimo  periodo,  la  parola: "cento"  e'  sostituita  dalla  seguente:  "quaranta"  e  la  parola: "centocinquanta" e' sostituita dalla seguente: "sessantadue".

Insomma, lo stesso governo ci ripensa e sega del 60% i CFU riconoscibili ai possessori dei dplomi ITS (ex IFTS). Il motivo non è politico ma è tipicamente italiano e classista in quanto il mondo accademico si è mobilitato contro quello che riteneva uno scandalo: conseguire crediti validiti per l'università fuori dall'istituzione universitaria.

Il diploma ITS infatti, poteva rappresentare una valida alternativa alla laurea per quei giovani che conseguivano un diploma dei nuovi istituti tecnici, almeno ai fini dell'iscrizione all'albo dei periti industriali.

Non solo, ma appena dopo averne demolito il valore, lo stesso governo pubblica, sul sito del MIUR, in bella mostra la brochure pubblicitaria dei corsi.

Problema di coerenza, neurologico o del "saper" fare e disfare?

 

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